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Ho già avuto modo di raccontarlo: gli anni del ‘grande’ Monza che per quattro stagioni consecutive propose calcio da sogno con brusco risveglio sempre sul più bello furono quelli – per me durissimi – del Liceo Classico Zucchi. Che – inchiesta statistica realizzata nel 1978 dal Corriere della Sera – era la seconda scuola più difficile e selettiva d’Italia dopo un altro Liceo Classico, se non ricordo male di Como. Per usare la metafora calcistica: una sfilza di 6 a giugno rappresentava la mia agognata salvezza, gli esami di riparazione a settembre erano maledetti spareggi nei quali incappai un paio di volte, sempre in greco, con la media del 5,85 e sempre con la stessa prof. Una che in tre anni non ci concesse mai un sorriso mica poteva regalarmi 0.15 di punto …. Anzi me ne toglieva 1.85, mi umiliava con un irreale 4 e mi rovinava (anche) l’estate … Insomma, avevo, i miei grossi problemi. Che non consentivano non dico distrazioni ma neanche alternative alle sole tre cose che dovevo fare dopo la scuola: studiare, studiare e studiare. L’unico diversivo era rappresentato dal mio piccolo/grande Monza: le domeniche al Sada (nei cinque anni del Liceo avrò saltato al massimo tre partite), il lunedì sera incollato davanti al video per seguire TeleRadioMonzaBrianza.

Fu così che conobbi Giancarlo Besana. L’appuntamento sulla emittente locale era per me assolutamente imperdibile. Angelo Corbetta con pacata e profonda competenza tecnica, Giancarlo con eloquio sciolto e brillante: sintesi della partita, interviste, giocatori spesso ospiti in studio. Una goduria. Che si concludeva con un quiz. La volta in cui le domande (due o tre) furono su Gigi Sanseverino – fosse stato materia di studio avrei avuto la media del 9,95 – composi il numero telefonico in un amen, bruciai tutti e vinsi due biglietti di tribuna laterale per la successiva partita casalinga con il Cagliari. Mi ero messo in testa che il premio me lo avrebbe consegnato Giancarlo e rimasi un po’ così quando invece nella sede della Tv una segretaria mi allungò la busta con il comunque preziosissimo contenuto. Un’altra cosa che facevo in quei tempi era ‘divorare’, letteralmente ‘divorare’, la pagina de Il Cittadino del giovedì dedicata al Monza. E le settimane in cui il pezzo era firmato da Giancarlo Besana erano quelle che mi davano le emozioni maggiori: mi piaceva il suo modo di scrivere e di raccontare. Coinvolgente, affascinante, godibilissimo, pieno di passione e di voglia di trasmettere sensazioni.

Del tutto casuale, ed ancor più bello perché inaspettato, il mio primo incontro diretto con il Gianca. 28 febbraio 1988: il Monza di Frosio, in crisi dopo un favoloso girone d’andata, è atteso a Trento. Da qualche mese seguo i biancorossi per ‘Il Settimanale Nuovo’. Un paio di amici che avrebbero dovuto venire con me rinunciano in extremis e sto pensando al forfait per non dovermi fare da solo andata e ritorno. Nella rifinitura della vigilia a Monzello un tifoso mi dice che c’è un posto sulla sua macchina. Accetto con entusiasmo che diventa euforica emozione quando scopro che uno degli altri passeggeri è proprio Giancarlo. Di quella giornata conserverò per sempre i suoi tanti aneddoti sul quinquennio magico e la frase “Dopo la partita ho preso sottobraccio il Piero (di cui era stato allenatore alla Gerardiana) e gli ho detto di non farsi scappare per l’anno prossimo il biondino numero 11 del Trento che oggi ci ha fatto un mazzo così”. Il biondino numero 11 del Trento si chiamava Beppe Signori. Il suo lavoro a Mediaset in quegli anni non lo portava molto frequentemente al Brianteo ma del Monza sapeva comunque sempre tutto. Mi lusingò quando a metà degli anni ’90 mi disse che aveva letto un mio pezzo sul Corriere dello Sport per farsi una idea di come era andata una certa partita.

Parecchio tempo dopo – giugno 2005 – non condivisi la sua analisi sulla disfatta casalinga contro la Valenzana nei play-off di C2: dalle pagine di un giornale locale Giancarlo si era scagliato contro l’arbitro Pierpaoli, che aveva assegnato ben tre rigori agli ospiti. Io avevo preferito puntare il dito contro l’inguardabile difesa biancorossa (Campi-Zaffaroni-Giaretta) incappata in un pomeriggio tra l’allucinante ed il fantozziano. Iniziai la mia replica – che conservo ancora – con queste parole: “Giancarlo Besana è stato il mito giornalistico della mia adolescenza ed un punto di riferimento fondamentale nella professione. L’ho stimato, lo stimo e lo stimerò sempre. In punta di penna mi permetto questa volta di dissentire da lui …” Poi vennero i social e spesso incrociavamo i nostri commenti sul calcio di Serie A (lui interista, io granata) e sul ‘nostro’ Monza rotolato addirittura in Serie D. Le riflessioni più amare le abbiamo condivise a proposito di quella gloriosa testata locale – Il Cittadino – alla quale, in tempi diversi, entrambi avevamo dato tanto ricevendone in cambio solo quintali di pesci in faccia. Ma è l’ultimo ricordo che mi legherà per sempre a Giancarlo: giugno 2016, pubblico un post sul mio imminente matrimonio. Tra valanghe di Auguri, evviva e felicitazioni c’è un commento che mi commuove: “Auguri vecchio amico, compagno di tante battaglie, di grandi emozioni, di passioni genuine. Onesto, scomodo, coerente” Solo i grandi giornalisti riescono – in tre parole – a riassumere concetti che richiederebbero interi capitoli. E il Gianca in tre parole mi descrisse alla perfezione: onesto, scomodo, coerente.

Lo scorso anno – dopo un lungo calvario parzialmente lenito dal sollievo per il suo Monza finalmente in buone mani – Giancarlo Besana è andato avanti. L’unica consolazione per chi fa il nostro mestiere è che quello che abbiamo scritto ci sopravvive e continua a parlare di noi. Gli archivi conservano testimonianze perenni della nostra competenza, della nostra passione, del nostro coraggio, della nostra trasparenza, della nostra personalità nell’ambito professionale in cui abbiamo operato. Mi basterebbe che – quando sarà – di me potesse restare un centesimo di quello che è il lascito biancorosso di Giancarlo Besana. E visto che l'ad del Monza, Adriano Galliani, un nostro grande lettore da grande appassionato di storia biancorossa, ha in mente di costruire un Museo dedicato alla storia del Monza, non si dimentichi di trovare uno spazio importante anche al nostro grande Giancarlo, tra l'altro suo amico fraterno.

Fiorenzo Dosso