Il direttore de 'Il Giornale' racconta Berlusconi, l’arresto e quella ferita ancora aperta
Ospite di Nunzia De Girolamo a 'Ciao Maschio', Alessandro Sallusti ripercorre il rapporto con Berlusconi, l’arresto del 2012 e il valore della libertà di opinione

Il ricordo di Berlusconi: ‘Il meno ingombrante di tutti’
Nell’intervista concessa a Nunzia De Girolamo durante la trasmissione ‘Ciao Maschio’ (Rai1, seconda serata di sabato 24 maggio), Alessandro Sallusti ha dedicato un ampio passaggio al suo rapporto con Silvio Berlusconi, scomparso presidente del Monza e fondatore di Forza Italia. “Il meno ingombrante di tutti”, lo ha definito, smontando ogni stereotipo sul controllo del leader sui propri direttori.
Le sue telefonate iniziavano sempre con: ‘Direttore, tu fai quello che vuoi, però ti dico il mio punto di vista…’. Lo faceva con una tale abilità che nove volte e mezzo su dieci aveva ragione anche nel merito.
Nessun obbligo, solo confronto: così il direttore ha descritto l’approccio berlusconiano alla linea editoriale del quotidiano.
‘Mi hanno arrestato perché dirigevo Il Giornale’
Il momento più drammatico dell’intervista è il racconto dell’arresto del 1° dicembre 2012, quando Sallusti fu condannato a un anno e quattro mesi di detenzione per omesso controllo su un articolo pubblicato su Il Giornale. “I direttori sono responsabili di tutto, persino della pubblicità”, ha sottolineato. Il caso, però, secondo Sallusti aveva poco a che vedere con la norma giuridica.
Era la settima volta che venivo condannato per omesso controllo, così un giudice decise che ero un delinquente abituale. Ma la verità è che mi hanno arrestato perché dirigevo Il Giornale in piena guerra civile mediatica tra berlusconiani e antiberlusconiani.
Una ferita mai rimarginata:
Non è stato l’arresto in sé, anche perché dopo 40 giorni il presidente Napolitano mi ha graziato e dopo sei anni la Corte dei Diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia a risarcirmi per ingiusta detenzione. La ferita è stata scoprire che in Italia si può essere arrestati per le proprie idee, non per i propri reati.