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Berlusconi

Sallusti ha poi raccontato l’origine del suo amore per il giornalismo, nato ancora prima di completare gli studi. “Non fui ammesso alla maturità, eppure in quegli anni bastava il sei politico”, ha ricordato. “Frequentavo un istituto tecnico, ma andavo nelle radio private a fare il galoppino. I miei genitori non ne sapevano nulla”.

Il giornalismo, però, era una vocazione. 

Sognavo di fare l’inviato e girare il mondo. Non avevo capito che bisognava anche scrivere. Quando iniziai tenevo un vocabolario sotto la scrivania: non sapevo mai se scrivere ‘scienza’ o ‘coscienza’ con la ‘i’.

‘La raccomandazione? Un motore del lavoro’

Infine, il direttore ha affrontato senza filtri il tema delle raccomandazioni. 

In Italia c’è molta retorica su questo tema. Io sono stato raccomandato in molti passaggi della mia carriera. Quando lavoravo a Il Messaggero, alcuni colleghi andarono dal direttore del Corriere della Sera a dire: ‘Guarda che c’è uno bravo’.

Per Sallusti, la raccomandazione non è di per sé negativa: 

Se uno è capace, può essere una leva utile. Anche io a mia volta ho raccomandato altri. Negli anni ’60 e ’70 erano persino i parroci a segnalare i ragazzi agli imprenditori. A tante persone devo dire grazie, perché hanno creduto in me.

Alessandro Sallusti a 'Ciao Maschio'
Frame da Youtube

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