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Un vento di trasformazione soffia sulle nostre abitudini culturali e digitali, mettendo in discussione modelli consolidati e abilitando nuove forme di potere. Nel mentre in cui la velocità e l’efficienza sembrano dominare ogni scelta quotidiana, si intravede l’urgenza di ripensare il rapporto tra individuo, tecnologia e società. Questo tema emerge con forza proprio nel dibattito odierno sul ruolo dei giganti del web e sul futuro dell’editoria.

Il potere delle Big Tech e la sfida della regolamentazione

«Caro Direttore, c’è un rumore di fondo che attraversa il nostro tempo: guerre, radicalismi, intolleranze, manipolazione digitale… Dentro quel rumore la libertà e la democrazia sembrano spesso voci isolate, ma sono le uniche che vale la pena continuare ad ascoltare. … È anche per questo che la Silvio Berlusconi Editore, a un anno dalla nascita, dedica le sue nuove uscite a un tema decisivo: i rischi e i benefici della rivoluzione tecnologica e il suo rapporto col potere. … Oggi le prime cinque BigTech assieme – Nvidia, Microsoft, Apple, Alphabet, Amazon – sono arrivate a superare il Pil dell’area euro. … È un potere che rifiuta le regole … Noi editori tradizionali paghiamo le tasse, rispettiamo le leggi, tuteliamo il diritto d’autore e i posti di lavoro … eppure, quasi due terzi del mercato pubblicitario globale vengono inghiottiti dai colossi della Silicon Valley, che fanno esattamente il contrario: … sono Careless People, «gente che se ne frega».»

In questo frammento dell’editoriale di Marina Berlusconi, presidente di Fininvest (oramai ex proprietaria del Monza) e di Mondadori, apparso quest'oggi sul Corriere della Sera, emerge una riflessione critica sul dominio delle piattaforme digitali e sulla concentrazione del potere tecnologico
Il riferimento al superamento del PIL da parte dei giganti del web è indicativo di un cambiamento strutturale: non più solo economia, ma egemonia culturale e normativa. Il tema della regolamentazione del digitale diventa così centrale: una libera concorrenza senza regole reali non appare più sostenibile.
La scelta lessicale — “rifiuta le regole”, “concorrenza sleale” — evidenzia che non si tratta solo di innovazione, ma di un contesto in cui la tecnologia si allea a strutture di potere che vanno al-di-là del mero business.

Marina Berlusconi

Il ruolo dell’editoria tradizionale e la riscoperta del libro

«Mi permetto una provocazione: e se proprio nell’era del «Muoviti veloce e rompi tutto» – il motto di Zuckerberg – ci trovassimo a riscoprire la forza lenta, ma costruttiva dei cari vecchi libri? … I libri sono da sempre efficaci anticorpi contro barbarie e totalitarismo, ma oggi assumono anche una funzione nuova: quella di anticorpi contro l’assottigliamento del pensiero imposto dallo smartphone, veri e propri strumenti di resistenza contro l’omologazione digitale. … Non mi faccio illusioni. Ma almeno, nel mare dei social e dell’intelligenza artificiale, resterà qualche isola di saggezza e di intelligenza umana.»

Sempre dall’editoriale di Marina Berlusconi, emerge la valorizzazione del libro e della cultura stampata come antidoto al rischio dell’omologazione digitale. 
La contrapposizione tra la rapidità della tecnologia e la lentezza del pensiero critico è racchiusa nella provocazione della “forza lenta” del libro: una metafora che invita a riflettere su ciò che resta del rapporto umano-strumento.
In particolare, il riferimento a Fahrenheit 451 di Ray Bradbury richiama l’importanza della memoria, del dissenso, del pensiero libero. L’editoria tradizionale non solo come difesa culturale, ma come motore di resilienza nella società digitale.