Favori ai vip Mediaset, condannato carabiniere: cosa dice la sentenza e quali sono i volti noti
Un carabiniere di Cologno Monzese compilava denunce fuori caserma per agevolare volti noti Mediaset: condannato per falso e omissione di atti d’ufficio

Favori ai vip Mediaset: condanna per falsi atti pubblici
Per anni avrebbe agito con "servilismo" nei confronti di dirigenti e conduttori legati a Mediaset, compilando denunce e atti ufficiali direttamente negli uffici dell’emittente, senza seguire le normali procedure previste. È quanto emerge dalla sentenza del Tribunale di Monza, che ha condannato a 1 anno e 4 mesi per falso e a 9 mesi per omissione di atti d’ufficio, con pena sospesa e senza menzione, un appuntato scelto di 48 anni in servizio alla Tenenza dei carabinieri di Cologno Monzese.
L’inchiesta ha accertato che diversi atti, che formalmente risultavano redatti in presenza presso il comando, erano stati in realtà preparati altrove – spesso in anticipo e non da un pubblico ufficiale – per poi essere firmati in un secondo momento. Il tutto a beneficio di vip e personaggi dello spettacolo: tra i nomi citati vi sono Barbara D’Urso, Mario Giordano, Matteo Viviani, Claudio Brachino, Elena Guarnieri, oltre a dirigenti come Marco Giordani e l’avvocato Stefano Longhini.
Il collega 38enne, anch’egli carabiniere scelto in servizio presso la stessa Tenenza, è stato condannato a 1 anno per un solo episodio di falso in concorso. I giudici hanno anche dichiarato nulli gli atti falsificati e trasmesso il fascicolo all’Arma per eventuali misure disciplinari.
Il caso Confalonieri e l’origine dell’indagine a Cologno Monzese
L’indagine ha preso avvio nel 2019, a seguito di un furto presso l’abitazione del presidente Mediaset Fedele Confalonieri. Dopo la denuncia, erano state inviate alla caserma le chiavette contenenti le videoregistrazioni dell’impianto di sicurezza. Il materiale risultò irreperibile, dando origine a una perquisizione interna nella Tenenza che portò alla scoperta di numerose pratiche inevase, refurtiva non restituita e atti compilati irregolarmente.
"Una rete di rapporti che portava P.C. ad assumere un atteggiamento di tale servilismo da indurlo a commettere sistematicamente tutta una serie di falsi per agevolare quel tale dirigente, quella tale funzionaria, quella tale conduttrice", ha dichiarato il pm Alessandro Pepè nella requisitoria, come raccolto dai colleghi de Il Giorno.
Di parere opposto la difesa dell’imputato: "Se fossero state le chiavette di un procedimento di un privato cittadino dubito che il comandante della Tenenza avrebbe messo sottosopra la caserma per cercarle – ha affermato in aula l’avvocata Manuela Cacciuttolo –. L’imputato non era al servizio di Mediaset, non esiste il dolo e si tratta di falso innocuo perché il contenuto delle denunce era vero".

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