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L'ad e vice presidente vicario del Monza Adriano Galliani, in un'intervista rilasciata all'Avvenire, ha spaziato tra calcio e fede cristiana.

Ecco il contenuto:

"La passione per il calcio, come molte cose importanti della vita, nasce dai nostri genitori, dalle nostre famiglie. Può essere un modo bello di sentirci vicini ai nostri cari, anche quando non ci sono più. Sapendo che dal Cielo continuano a starci vicini e magari anche a fare il tifo con noi. La fede, nel senso alto e importante della parola, è qualcosa che non si cambia nella vita, ma anche la fede calcistica in verità non l’ho mai cambiata. Naturalmente il Milan ha rappresentato una stagione bellissima, avrò sempre un profondo legame con quella squadra e con quella società. Ma io sono sempre stato e sarò fino all’ultimo giorno un tifoso del Monza".

"Le prime giornate della Serie A erano state difficilissime. Avevamo inanellato una serie di sconfitte ed affrontavamo una delle squadre più potenti del calcio europeo. Mi rifugiai in Duomo a pregare, senza avere il coraggio di informarmi sul risultato. Fu un bambino, un chierichetto a dirmi che avevamo vinto. Se posso dirlo senza apparire blasfemo, mi sentii davvero come se fosse accaduto un “miracolo”. So bene che non è il caso di usare queste similitudini per un gioco, ma in questo caso ne andava dell’impegno sincero e assoluto di tante persone, e soprattutto dei sogni di un’intera comunità. Dopo quella vittoria per noi è iniziato un campionato a dir poco entusiasmante. Nel mio cuore, il Presidente è vivo e mi parla ancora adesso. Nei momenti delle scelte difficili mi basta “interrogarlo”, chiedermi cosa avrebbe fatto. Trovo nel suo esempio, nei suoi insegnamenti, nei tanti ricordi che ho di lui l’indicazione giusta su come operare. Un aneddoto? Posso dirle questo: quando il Monza fu promosso in Serie A, fu Berlusconi a dirmi che non si era mai sentito così, neppure quando il Milan vinse la prima Champions…".