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A Milano, nel 2024, i giovani laureati tra i 25 e i 39 anni rappresentano il 45,5%: un risultato in crescita rispetto al 40,8% del 2018 e in linea con i parametri europei. Subito dopo, ma molto più indietro, troviamo Varese (35,2%), Lecco (34,6%) e Como (33,8%).

Preoccupa invece la situazione in altre aree lombarde. Ben 7 province restano sotto la soglia del 30%: Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi, Mantova, Pavia e Sondrio.

Province in calo: i dati più critici

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La fotografia diventa ancora più allarmante guardando al trend: dal 2018 al 2024 alcune province hanno visto diminuire il numero di laureati under 40.

Brescia: dal 26,7% al 24,5%

Lodi: dal 24,9% al 21,1%

Pavia: dal 30,7% al 25,3%

Sondrio: dal 25,5% al 22,9%

Una tendenza in controtendenza rispetto all’obiettivo europeo, che solleva domande sulle cause: l’impatto del Covid, il carovita, ma anche il peso delle disuguaglianze educative di partenza.

Le possibili cause del calo

Già in occasione della crisi del 2008 gli esperti avevano sottolineato due effetti opposti delle recessioni sull’università: da un lato la riduzione delle immatricolazioni per mancanza di risorse, dall’altro l’iscrizione percepita come alternativa a un mercato del lavoro fermo.

A pesare, oggi, sono anche i fattori sociali. Secondo il rapporto AlmaLaurea 2024, il 32,2% dei neolaureati ha almeno un genitore laureato: un dato che conferma come il capitale culturale familiare resti decisivo. Una vera e propria “trappola della povertà educativa” che rischia di ampliare ancora di più i divari territoriali.