Mota, Arma(ndo) Letale e tutto molto bello: il Monza vince e convince contro la Reggiana (3-1))
La squadra di Bianco batte gli emiliani e conquista con merito 3 punti. Una prova di maturità, con un gioco brillante e positivo. L'analisi del match.
Nella trasmissione “Quelli che il Monza” Walter De Vecchi, ex Monza e Reggiana, ha sottolineato l’importanza dell’atteggiamento in una categoria complicata come la Serie B: “bisogna essere meno ingegneri e più muratori” (con estremo rispetto nei confronti delle due professioni).
Meno orpelli, più coltello tra i denti; meno smalto, più acetone: in cadetteria il fattore cruciale, a detta del Mediano della stella del Milan, è la mentalità, quella “nobile” e “artigiana” fondata sul contatto, la praticità e la predisposizione a “sporcarsi” le mani, sempre e comunque, fino alla fine.
Ed è proprio così, perché il segreto del successo sta proprio nell’interpretazione di un’idea e nella sua attuazione, nella volontà di mettere tutto in bolla e costruire una struttura solida e sostenibile. Giocare insieme per giocare da squadra, in armonia, con spirito di sacrificio e testa, con anima e cuore a validare un “impianto” di gioco che, partita dopo partita, può essere modellato e abbellito, non solo internamente, ma anche esternamente.
Ma c’è una sottile sfumatura di pensiero, e arriva direttamente dal cinema di Lars von Trier, che restringe ancor di più il perimetro del discorso, ponendo al centro del suo film “La casa di Jack” la figura dell’ingegnere e quella dell’architetto. Con la vittoria sulla Reggiana, netta e brillante, il Monza esibisce la sua nuova dimensione, quella di un edificio ricostruito dalle macerie della retrocessione, una “casa” progettata da un ingegnere - Mister Bianco - con lucidità e attenzione, e composta da un team di architetti, al contempo operativi e in prima linea a seguire i lavori.
L’allenatore compone, la squadra esegue e suona, attualizzando un concetto e riproducendo una buona musica. All’U-Power Stadium, è una giornata all’insegna del tre. Come le tre vittorie consecutive in campionato (non accadeva dal 2022 con Raffaele Palladino, presente oggi allo stadio a osservare da vicino la sua ex squadra) e il terzo centro in stagione di Dany Mota, autore di una doppietta che apre e chiude le danze. Nel mezzo, c’è la seconda firma di Izzo, che diventa “l’Arma(ndo) Letale” (alla Mel Gibson) e segna un gol strepitoso – tiro a giro sul secondo palo in area di rigore – riportando in vantaggio i brianzoli.
Tante occasioni, conclusioni in porta e dominio del gioco, degli spazi e del match. 3-1 e una dimostrazione di forza totale dei biancorossi.
Bianco è impeccabile: applica un leggero (ma essenziale) turnover, gestisce al meglio le risorse, predica calma e sangue freddo e accompagna la sua squadra da bordo campo, comandando pressione, aggressione e incisività.
“Tutto molto bello”, come direbbe Bruno Pizzul.

Monza dominante, Reggiana nella tana
Dopo lo schiaffo di Keita a Frosinone (a rispolverare quello di Anagni), il Monza è chiamato a dare continuità alla sua tabella di marcia. Un esame di maturità per sciogliere le riserve e viaggiare spediti verso la meta.
Bianco conferma il suo consueto asset, il 3-4-2-1 a “cinture slacciate” e regolabile a seconda delle fasi di gioco (5-3-2 senza palla): Thiam tra i pali; Izzo, Delli Carri e Carboni in difesa; Capitan Pessina in mediana con Colombo, con Birindelli e Azzi - confermatissimi - sulle fasce; tridente “pesante” con Colpani e Keita alle spalle di Mota.
Imbottito di assenze, Dionigi opta per un modulo a specchio, con un unico trequartista dietro le due punte: Motta in porta; Lubitti, Papetti e Bonetti nel pacchetto arretrato; Bertagnoli e Mendicino nel mezzo, con Marras e Rover sulle corsie esterne; Lambourde tra le linee e Portanova e Novakovich in avanti.
Il Monza si accende subito e ingrana la quinta, costringendo la Reggiana a schierarsi sotto palla a protezione della propria metà campo. L'iniziativa dei brianzoli produce i suoi frutti al minuto 3, con Dany Mota a sfruttare una ribattuta in area e siglare l'1-0, bucando Motta da distanza ravvicinata.
Manovra avvolgente, quinti larghi a svuotare gli spazi interni per favorire le incursioni centrali degli attaccanti o dei centrocampisti, difensori in appoggio ad accompagnare la volata offensiva: la squadra di Bianco sfodera un calcio mercuriale e gioca con personalità, sempre in movimento e in guardia, con le armi del pressing e del gegenpressing a convalidare la proposta di gioco e a definire le transizioni, quel "quid pluris" su cui si basa il gioco moderno, come sostiene Raffaele Palladino; un termometro che misura la reattività di una formazione all'atto del recupero/perdita del pallone, fornendo la possibilità di contrattaccare/ripiegare rapidamente.
Pessina è la chiave tattica nello scacchiere biancorosso, il primo ad andare in pressione e a svolgere compiti di interdizione, con Colombo a garantire fluidità nella circolazione. Dalla riconquista di palla del Capitano nascono le azioni più pericolose dei biancorossi. Al 13' però, da un pallone perso sulla trequarti da Colpani, arriva il gol della Reggiana, in ripartenza, con Novakovich a firmare di testa il pareggio.
I biancorossi non si scompongono e proseguono nel loro gioco, incalzante e assillante negli ultimi 20 metri di campo.
Da una diagonale difensiva al gol del sorpasso: è Armando Izzo a propiziare e firmare il 2-1, con una chiusura arretrata da destra a sinistra e una fulminea proiezione in avanti, sempre sulla catena opposta, con tanto di inserimento in area, dribbling nello stretto, e destro a rientrare sotto l'incrocio. Una perla assoluta del 4 biancorosso.
Egemonia del Monza, Reggiana nella tana. Al 37' l'armata di Bianco timbra ancora, di nuovo grazie alla pressione e al recupero palla di Pessina, che innesca l'azione e il gol di Mota dal limite dell'area. In crescita anche Colpani e Colombo, nel vivo della manovra e pronti a mettersi a disposizione dei compagni.
Nella ripresa il copione non cambia: i brianzoli amministrano il gioco, gli emiliani faticano ad uscire dal guscio, affacciandosi dalle parti di Thiam, due volte, solo nel finale.
Dopo 6 di recupero, Fourneau fischia tre volte: Monza-Reggiana termina 3-1.
15 tiri totali, di cui 8 nello specchio della porta, 4 fuori bersaglio, 3 respinti: numeri in linea con le ultime partite, ma con un tasso di conversione migliore grazie alle 3 reti realizzate (contro i 3 tiri degli ospiti, di cui 2 in porta e un gol).
Ma c'è un'ulteriore considerazione, che è più un mito da sfatare accantonando l'effetto Mandela. Dalla mappa delle conclusioni, emerge un dato inconfutabile: i biancorossi sfruttano l'ampiezza, e quindi il gioco sulle catene laterali, per confluire all'interno, liberando lo spazio per calciare in porta, più centralmente e meno da posizione defilata.
Contro la Reggiana tutto funziona a meraviglia: approccio arcigno, identità, tono aggressivo, spinta atletica, qualità nel palleggio e una vocazione marcatamente offensiva, con i braccetti Izzo e Carboni costantemente in avanscoperta a supporto degli attaccanti. Ed è qui che si vede il tocco dell'allenatore, nell'aver conquistato la fiducia dei giocatori, motivandoli e mettendoli al centro del progetto. Un progetto plasmato sulla comunione d'intenti, la voglia di rialzare lo sguardo e risorgere dalle ceneri dello scorso anno come l'araba fenice.

È stata (ed è) la mano di Bianco
Alla nona giornata il Monza supera a pieni voti la prova del 9 e tira il primo, vero strappo, della stagione. 9 punti nelle ultime tre gare, 17 lunghezze in classifica e secondo posto condiviso col Cesena.
La mano di Paolo Bianco c'è e si vede, il suo metodo è deciso e old school - bastone e carota - basato sul duro lavoro e mirato a tutelare il gruppo, sempre e comunque. Perché il gruppo è più importante di qualsiasi individuo ed è il motore della macchina Bianco-rossa, con il tecnico dei brianzoli saldamente al volante della guida.
Il Monza vince, convince e rinasce sotto una buona stella (quella della Regina Teodolinda), giocando un calcio propositivo e brillante, come forse non accadeva dai tempi di Palladino; crea tanto e cala il tris, concedendo poco agli avversari – un gol di Novakovich in ripartenza e qualche sussulto nel finale, a partita ormai indirizzata – e sfoggia un setting tecnico-tattico-mentale da squadra vera, calata nel contesto della B e aggrappata a ogni filo d’erba.
Tutti connessi, tutti presenti e partecipi, inseriti all’interno di un complesso che si sta gradualmente trasformando in palazzina: la squadra è sul pezzo, concentrata, finalmente con la testa sgombra da scorie e storture negative, lanciata nel suo percorso e focalizzata sull’obiettivo. Lo switch c’è stato, la svolta è evidente: il Monza ha cambiato passo, nelle gambe e nella condotta, con la psicologia – quella che Jorge Valdano identificava come elemento cruciale per “sbloccare” la personalità, l’empatia, la reattività e leadership in un gruppo – a dare una spinta su tutti i fronti.
Merito di Paolo Bianco, artefice della sterzata, consapevole del potenziale dei suoi giocatori e bravo a recuperarli, trasferendo quella grinta che è la chiave per approcciare il calcio con un altro piglio. Quello giusto, che non ammette flessioni o distrazioni, ma attenzione massima e applicazione, anche e soprattutto in vista del big match del Barbera contro il Palermo.
Work in progress? Sì, sicuramente. Perché c’è sempre spazio per migliorare (tanto), tenendo il cantiere aperto e i professionisti “in tensione”, con l’obiettivo di aumentare il rendimento e continuare a lavorare nel modo corretto.
Per il momento, il Monza ha fatto quello che doveva fare, ovvero lanciare un segnale forte e un messaggio chiaro al campionato: “Noi ci siamo e ci saremo fino alla fine”.
A cura di Andrea Rurali



