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Ha cambiato vita il centrocampista anni '90 Marco Sinigaglia (1968), che non è rimasto come tanti nel mondo del calcio. L'atleta, residente a Lissone, è divenuto infatti un arredatore e progettatore con una sua azienda (Stilitaly Lab) in Brianza, prendendo spunto da un'arte atavica cinese denominata Feng Shui.

Sinigaglia, che i più si ricorderanno principalmente nel Torino di Mondonico, ha militato per una stagione (in prestito) al Monza; parliamo del campionato di B 92/93, alla guida mister Trainini, in cui nella mediana si annoveravano anche giocatori del calibro di Massimo Brambilla, Fabio Cinetti, Carlo Ricchetti ed Alessandro Romano, tra gli altri. Per lui, mediano di qualità, 21 gettoni in Brianza con la salvezza in tasca e rientro successivo al Torino, in cui nel biennio seguente si tolse la soddisfazione di giocare anche le Coppe europee; 39 caps in A e 5 in Coppa delle Coppe (titolare nel quarto di ritorno ad Highbury contro l'Arsenal) ed una carriera conclusa a 29 anni per problematiche fisiche nel 1997. Oltre a Torino e Monza ha militato inoltre al Como (in cui è cresciuto), alla Sambenedettese e al Chievo Verona di Malesani, dove è stato decisivo per una salvezza ed ha concluso l'iter da calciatore.

Proprio ad una testata scaligera, L'Arena, ha rilasciato un'intervista che andiamo a riprendere:

"Non amo gli amarcord, col calcio ho chiuso anche se gli devo molto. Perché mi ha insegnato a soffrire e a non mollare. La vita va presa come viene, quindi senza troppi rimpianti. Ad appena 15 anni al Como, quando l’allenatore era Ottavio Bianchi, venni aggregato ai grandi. Vicino ai vari Hansi Muller, Dirceu, Borgonovo e Matteoli".

"Andai al Torino e mi ritrovai davanti campioni come Scifo, Martin Vazquez e Casagrande. Non posso certo lamentarmi".

"A differenza di molte altre squadre, il Chievo è sempre stato molto organizzato, anche nei minimi particolari. Malesani aveva preso molto da Sacchi, aggiungendo qualche variante. E piano piano aumentò anche la qualità degli interpreti. Quella che garantì ad esempio Fiore, così come Corini più avanti. Peccato per la seconda annata. Giocai poco, ebbi qualche divergenza con Malesani. A vivere quel gioco così automatizzato in cui qualche problema sorgeva quando qualcosa non funzionava ma che altrimenti ci dava ampie assicurazioni. La mentalità ormai era quella, con organici che col tempo divennero sempre più forti".

"Una bella traccia la diede anche Delneri, finché il Chievo ha dimostrato di essere una realtà consolidata della Serie A. Era chiaro fin da quando c’ero io che la società aveva preso la direzione giusta"

Fonte Foto: Libro "E non andremo mai in Serie A"