PizzAut: il segreto dietro la pizzeria che sta riscrivendo l’inclusione
Il modello nato da un padre e da una pizza fatta in casa: lavoro vero, autonomia e un futuro possibile per chi vive lo spettro autistico.
Tutto inizia in cucina. Nico Acampora, educatore, cerca un modo per comunicare con suo figlio Leo, autistico. Le parole non bastano, spesso non arrivano. Così si prova con le mani: farina, acqua, pomodoro. Impastare insieme diventa relazione, calma, attenzione condivisa. Non un esercizio terapeutico, ma un momento vero. Da un gesto quotidiano nasce l’idea che cambierà molte vite: una pizzeria inclusiva dove la diversità non viene nascosta ma riconosciuta come valore.
Un lavoro vero, non un “laboratorio protetto”
PizzAut apre con una regola chiara: niente compassione. I ragazzi che vi lavorano sono dipendenti con contratto, ruolo, responsabilità. Si occupano della sala, della cucina, della gestione del servizio. La dignità passa per il lavoro, non per la beneficenza. Nessuno viene parcheggiato o lasciato in un angolo: l’autismo non è un limite assoluto, è un modo diverso di stare al mondo e può convivere con l’efficienza di un’impresa. La normalità qui non è promessa: è pretesa.
Spazi progettati per ridurre il rumore invisibile

Chi si siede a un tavolo di PizzAut forse non ci fa caso, e va bene così: luci morbide, colori studiati, acustica controllata, percorsi semplici. Tutto è pensato per ridurre lo stress sensoriale e permettere ai lavoratori autistici di concentrarsi. Non ci sono barriere architettoniche nascoste, né stimoli ingestibili. È un luogo che accoglie senza farlo pesare, dove si può “funzionare” davvero. Qui l’empatia diventa architettura.
La pandemia non ha fermato nessuno
Quando il Covid ha chiuso tutto, PizzAut rischiava di spegnersi. I ragazzi potevano perdere abilità e fiducia. Acampora non ci sta: nasce il PizzAutobus, un food-truck che porta in strada pizze e speranze. Non un ripiego, ma un rilancio. Se il mondo si blocca, PizzAut si muove. È un messaggio preciso: l’inclusione non si mette in pausa, mai. E una comunità intera accoglie il progetto, lo difende, lo segue.
Un modello che fa scuola in Italia
Premi e riconoscimenti non sono mancati, ma PizzAut non vive di trofei. La vera vittoria è un’altra: aziende e istituzioni che bussano alla porta di Acampora per capire come fare lo stesso. Replicare, assumere, includere. La politica prende appunti, il dibattito sull’autismo nel lavoro cambia tono. Le famiglie smettono di sentirsi sole. E i ragazzi imparano a progettare un futuro che fino a ieri sembrava negato: indipendenza, relazioni, un conto in banca, la possibilità di offrire una cena ai propri genitori.
Perché PizzAut è importante adesso
In Italia vivono centinaia di migliaia di persone nello spettro autistico, ma pochissime lavorano. PizzAut non risolve tutto, ma dimostra che ciò che per anni ci siamo raccontati — “non si può” — era la scusa più comoda. Qui c’è la prova contraria, fumante, che arriva dal forno: un’Italia diversa può lievitare.



