x

x

Fulvio Pea è volato in Cina per diventare Direttore Tecnico del settore giovanile del Jiangsu Suning. L'ex tecnico del Monza ha raccontato a Tuttomercatoweb la sua esperienza in terra cinese.

Come sei arrivato a svolgere un ruolo dirigenziale in Cina?
"Come spesso avviene, per caso: una mattina ho trovato, nella posta elettronica, una lunga email scritta in inglese con il logo Suning' che mi invitava a presentare il curriculum nel caso in cui fossi stato interessato ad una proposta di lavoro all'estero come Responsabile tecnico, cioè lo stesso ruolo che stavo svolgendo a Livorno. Così è nato un periodo fatto di scambi di email tra me e Tang, il referente del Club. Naturalmente ha influito molto il mio passato all'Inter e così, dopo qualche chiarimento proprio con qualche dirigente del club nerazzurro, ho accettato. Ed eccomi qua, felice di questa esperienza".

Com'è andata la ripresa del campionato in Cina? Quali sono state le misure adottate per scongiurare un rischio di seconda ondata?
"Sinceramente la data di inizio del campionato è stata posticipata più volte, ma non per precauzioni legate al Covid-19 (abbiamo ripreso a lavorare già dal lontanissimo 17 febbraio, per arrivare a tempo pieno il 18 marzo) ma perché i calciatori stranieri e qualche allenatore non riuscivano a rientrare in Cina, visto che dal 28 di marzo il Governo rifiutava qualsiasi ingresso di stranieri nel proprio paese. Anche quaggiù, il calcio ha risvolti economici notevoli e quindi, una volta che i club sono tornati al gran completo, il campionato è ripartito; si gioca in 2 città di due provincie diverse (a porte chiuse) visto che ci sono 2 gironi. Poi le prime quattro di ogni girone giocheranno i play off, mentre le ultime quattro di ogni girone, giocheranno i play out. La prima fase si concluderà a fine settembre".

Quali sono le caratteristiche del calcio cinese? Dove sono le differenze con l'Europa?
"Le differenze non sono poi molte, ma quelle poche sono notevoli: la qualità dei singoli calciatori, i ritmi di gioco. Queste sono le due principali differenze, tra il calcio cinese e quello europeo, al quale siamo abituati".

Che lavoro svolgi con i giovani del vivaio? Quali sono le differenze di approccio rispetto ai metodi a cui eri abituato in Italia?
"Il mio ruolo è quello di Direttore Tecnico, quindi mi occupo di metodologia, di strategia, di organizzazione, cioè tutto ciò che è prettamente tecnico, appunto. Naturalmente tutto quello che propongo deve avere l'approvazione del Responsabile o Direttore del settore giovanile, che nel nostro caso, è anche vice Direttore generale del club. Nei giovani le difficoltà aumentano: le principali cause sono dovute alla differenza tra sistema scolastico e sportivo, oltre alle distanze immense, per esempio, dalle proprie case ai centri sportivi (la città ha circa 9.000.000 di abitanti, quindi i tempi di spostamento da una parte ad un'altra sono molto lunghi). Anche l'organizzazione del settore calcio è molto diversa da quella che conosciamo: la Federazione è l'ente più moderno e più vicino ai nostri europei, ma essendo il più giovane, ha più problemi a ritagliarsi spazi nella burocrazia). Troviamo poi le Squadre Scolastiche, veri e propri uffici sportivi di intere città, e le squadre delle Regioni o Rappresentative, organismi che devono fare i conti con infinite complicazioni burocratiche e costi di gestione elevatissimi. Poi c'è il discorso tecnico, perché spesso e volentieri, la parte dedicata alla tattica individuale non viene sviluppata, dal momento che i club iniziano ad avere proprietà squadre dalla categoria Under 13. I giovani calciatori si trovano così privi di elementi tecnico-tattici di base, vero ostacolo quasi insormontabile quando cominciano a praticare il gioco undici contro undici".

Cosa pensi del finale di stagione in Italia e in Europa?
"Meglio di così... sono riusciti, tra lo scetticismo generale, e tra gli ostacoli imposti dai governi, a presentare formule che sono risultate vincenti. Il calcio, forse non tanti lo sanno, non è solo un gioco, ma bensì una vera e propria azienda con fatturati altissimi, e quindi oltre a muovere soldi dà lavoro a tanta gente. Per quanto mi riguarda sono stato favorevole quando le istituzioni hanno quasi "imposto" la ripartenza delle attività, e oggi sono contento di considerare vinta questa scommessa tutt'altro che scontata".

Pensi mai di tornare in patria ad allenare?
Ad allenare no, perché, come racconta il mio curriculum lungo 32 anni, solo ogni 7/8 anni cambio ruolo, e così, al termine del mio contratto, avrò ancora qualche anno per svolgere questo nuovo incarico che, per età e per esperienza accumulata, mi si addice e mi piace moltissimo. Poi il futuro è sempre pieno di sorprese, e chissà il destino quale altro colpo di scena mi riserverà. Sta di fatto che certamente continuerò a lavorare e studiare, per crescere e per farmi trovare pronto. Anche per il Workshop LGI".